Cenni di storia

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Durante la prima Guerra Mondiale il carso Isontino è stato teatro del fronte italiano più cruento; dal giugno 1915 all’ottobre 1917 le opposte armate si confrontarono con ostinato accanimento e nemmeno un metro del territorio venne risparmiato. Ci vollero sei sanguinose battaglie, durante le quali i territori conquistati si misuravano in decine di metri con un numero incredibile di caduti da entrambe le parti , perché le truppe italiane occupassero l’altipiano (e altre cinque con modeste conquiste di territorio) che fu poi precipitosamente abbandonato dopo la disfatta di Caporetto.

         Di quel  triste , doloroso ed eroico periodo rimangono testimonianze nelle opere militari realizzate dai contendenti quali grotte artificiali, rifugi, camminamenti,  trincee ( a volte costruite dagli austriaci per resistere alle truppe italiane e poi , una volta espugnate ,rovesciate e modificate per rivolgerle contro le nuove linee di difesa improntate dagli stessi e spesso a pochi metri di distanza).Ma anche  monumenti, lapidi, saccelli, targhe , cimiteri sono stati eretti negli anni a ricordo, pietà e commemorazione degli uomini che vissero e morirono in questi luoghi.

         Il fronte di quest’area all’inizio della guerra correva dal Monte Sabotino al Calvario e lungo l’ Isonzo fino a Savogna per poi salire sulle alture del Carso fino a raggiungere il mare all’altezza delle bocche del Timavo con cerniera e baluardo il monte Hermada.

         Su questa linea l’ Esercito Italiano combattè  per oltre un anno con modeste conquiste di  territorio fino all’agosto 1916 quando con la 6° battaglia dell’Isonzo venne conquistato il monte San Michele (difeso dalla 20° divisione Honved, l’esercito nazionale ungherese) costringendo il nemico ad arretrare sulle alture oltre il vallone di Doberdò. Le truppe italiane entrarono a Gorizia.

         Il Monte San Michele , infatti, aveva rappresentato il principale caposaldo a difesa delle linee austro-ungariche per la sua posizione dominante su tutto il territorio carsico e verso la valle del Vipacco; sotto le cime 1,2,3,4  erano state scavate imponenti opere di difesa verso le linee italiane, che poi, una vota conquistate , furono trasformate e ampliate diventando anche postazioni di artiglieria rivolte verso il nuovo fronte più ad oriente.

         Sulle pendici del Monte Sei Busi, dove le linee si mossero di pochi metri durante il primo anno di guerra,  c’è ora il Sacrario di Redipuglia con i suoi 100.000 morti  dei quali 60.000 ignoti. Prese il posto del primo cimitero di raccolta dei caduti costruito sul colle Sant’Elia situato di fronte.